Donne da morire

Ancora spunti interessanti navigando in rete. Questa volta grazie ad un’amica. Di nuovo si parla di grandi donne. Che stanno dietro a grandi uomini. Ma non solo, anzi spesso più avanti, in prima linea e mai come in questo caso, in senso letterale.

Gerda Taro, pseudonimo di Gerta Pohorille, fotografa e fotoreporter di guerra, nonchè compagna del più noto Robert Capa, (forse il più famoso di sempre in questo ruolo) e prima donna ad essere inviata sul fronte, quello della guerra civile spagnola per un incarico che le costerà la vita nel 1937 all’età di ventisei anni. Stessa sorte toccherà anni dopo al compagno, in Vietnam.

Un sodalizio amoroso e professionale che, benchè giocato sul filo del rasoio dell’assoluta precarietà umana, tutta riflessa negli assurdi della guerra, riesce ad essere più poetico che mai. Forse perchè ci fa rivivere un po’ di quel mito di eros e thanatos di cui sempre si sente il richiamo. Forse perchè anche i dettagli delle gesta di persone come queste riescono ad essere fuori dal comune, incredibili.

Tra gli altri, e ce ne sono tanti, uno su cui mi è in particolare caduto l’occhio è quello dell’elogio funebre scritto per Gerda Taro da Pablo Neruda e Louis Aragon. L’ho cercato senza trovarlo. Se anzi  qualcuno ce l’ha, e avesse voglia di condividerlo…

L’anno scorso ho visitato la mostra di Robert Capa a Torino: mi piace molto la fotografia, non tanto l’arte della fotografia in senso lato quanto proprio la fotografia, lo scatto del momento, l’attimo rubato, il colore irripetibile. Ho sempre pensato che la fotografia fosse il complemento della poesia e viceversa, consolandomi da appassionata inesperta con la convinzione che non esistono due espressioni artistiche altrettanto capaci di fermare il tempo. A volte non abbiamo bisogno di nient’altro.

Alcuni degli scatti di Robert Capa sono impressionanti da questo punto di vista e di quegli attimi riescono a dare una lettura folgorante. Se una parte del post spetta a lui, l’altra dev’essere per lei, la donna, la sua metà, la sua poesia. Non potendo riportare l’elogio funebre composto per Gerda Taro, come tributo ho scelto i versi finali di un altro componimento, sempre di Neruda e sempre dedicato ad una grande donna e fotografa e sulla cui tomba saranno incisi, Tina Modotti.

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“…En las viejas cocinas de tu patria, en las rutas
polvorientas, algo se dice y pasa,
algo vuelve a la llama de tu dorado pueblo,
algo despierta y canta.
Son los tuyos, hermana: los que hoy dicen tu nombre,
los que de todas partes, del agua y de la tierra,
con tu nombre otros nombres callamos y decimos
Porque el fuego no muere.”


“…Nelle vecchie cucine della tua patria, nelle strade
polverose, qualcosa si mormora e passa,
qualcosa torna alla fiamma del tuo adorato popolo,
qualcosa si desta e canta.
Sono i tuoi sorella: quelli che oggi pronunciano il tuo nome,
quelli che da tutte le parti, dall’acqua e dalla terra,
con il tuo nome altri nomi tacciamo e diciamo.
Perchè il fuoco non muore.”

(Pablo Neruda – “Tina Modotti ha muerto”)

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