Forte come la vita

Tutto il mondo è paese si sa. Eppure alcuni paesi lo sono di più, sono proprio un mondo essi stessi. Di ispirazione e scoperta continua per il sacro fuoco che contengono appena sotto la corteccia fisica. Su quelle superfici sembra di poterci camminare in lungo e in largo senza annoiarsi. A piedi e ancora di più sui vocaboli. Ho riflettuto che per me uno di questi paesi potrebbe essere il Cile, ancora intonso sul mio mappamondo fisico. Eppure per le esplorazioni metafisiche che ne ho fatto e le suggestioni che ne ho ricevuto e ricevo mi sembra di averlo già percorso in andata e ritorno.

Il Cile ha dato i natali a due uomini e artisti per me grandissimi, fonte di interrogazioni continue che sono Pablo Neruda e Alejandro Jodorowsky, già comparsi sul mio blog, seppur fugacemente rispetto alle rispettive portate, e perciò ricompariranno.

Scavando ancora di qualche centimento e spostandomi di una breve latitudine la rosa dei nomi si infittisce: un’altra indimenticabile figura cilena è stata quella di Violeta Parra. Compositrice, poetessa e pittrice, sorella dell’altrettanto famoso Nicanor, di cui anche in questo caso meriterà parlare a parte. L’opera a cui è principalmente associato il nome di Violeta è la canzone Gracias a la vida, composta e pubblicata nel 1966 non molto tempo prima di morire, divenuto il suo testamento spirituale. Il testo, attraverso una dichiarazione d’amore senza mezzi termini alla vita, è diventato per estensione uno dei più emblematici inni di sempre contro la guerra.

Leggere notizie sulle biografie di personaggi come Violeta è una confortante goduria poichè riesco a trovare un unico filo conduttore tra vissuto e opera, tra quel travaglio d’insieme di grandezza e sofferenza e la composizione letteraria e musicale. La sua esistenza di donna ed artista si iscrive perfettamente su binari da cui è difficile tornare indietro, i binari della coerenza artistica, della congruenza tra vita e creazione, tra esperienza ed opera d’arte.

Fino al compimento dell’atto finale, seppur tragico, dove togliersi quella stessa vita sembra diventare il culmine inevitabile di un sentire tanto estremo, di un incapacità di collocarsi nelle strette misure dell’universo. Cercare di ricavare un senso dalle vite altrui è però impossibile oltre che ingiusto, dunque il vero appiglio di comprensione ce lo fornisce più di tutto l’opera. Gracias a la vida è per me niente meno che una dolce poesia e una sublime canzone, sulle cui note tutti riusciamo a farci cullare, incuranti del significato letterale, sicuri che in qualche modo la storia raccontata riguarda anche noi.

Poichè è la storia di un vivere ed un amare assoluti, dettata dalla volontà dirompente di tributare il giusto riconoscimento ad un’esistenza fatta di sensazioni ed esperienze irripetibili, scontate nel loro scandirsi quotidiano ma non nell’essenza. E’ un monito, così semplice quanto ineluttabile. Descrive la saggezza di chi ha capito che la gratitudine è essa stessa un dono.

La prima volta che ho ascoltato questa canzone è stato nella colonna sonora del film Le fate ignoranti, ahimè, sicuramente non sono l’unica; di essa ne sono state fatte numerose riproposizioni, anche in diverse lingue, tra cui quella di un’indimenticabile Gabriella Ferri, curiosamente e tristemente legata a Violeta per la stessa sorte che le toccherà. Anche lei un’ulteriore figura che potrebbe tornare…

Il motivo principale, il più istintivo dell’amore che provo per questa canzone è sicuramente dovuto all’idioma, a cui sono particolarmente legata per musicalità, espressività, complessità. Oltre che per i ricordi… E se tutto il mondo è paese, ogni paese ha la sua lingua, insieme ad un cuore che batte al suono di parole che meglio non potrebbero scandirne la storia.

Ho pensato di riportare allora in questo post la prima e l’ultima strofa del testo originale, come assaggio della potenza di tanto sentimento. Essendo appunto numerose le interpretazioni che ne sono state fatte ognuno potrà facilmente trovare in rete quella che più si addice alle proprie corde:

Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me dió dos luceros, que cuando los abro
Perfecto distingo, lo negro del blanco
Y en el alto cielo, su fondo estrellado
Y en las multitudes, el hombre que yo amo
[… ]

Un altro motivo di apprezzamento è dovuto al testo in sè naturalmente: la semplicità di poche grandi verità pennellate insieme. L’ampiezza di una poesia che sa celebrare tanto la bellezza di un canarino come quella di un cielo stellato, o del proprio amato, in appena pochi versi di distanza e rispettando l’equilibrio di parole e musica.

E l’universalità del vivere? Come poterla non sentire ad ogni istante in un simile quadro. La finezza poetica più di tutto sta qui, nell’abbracciare un sentimento che riesce a diventare collettivo in ogni momento, senza forzature. L’autrice spese infatti la sua vita artistica ad affermare e diffondere la canzone folkloristica cilena guadagnandosi di diritto un posto tra i principali cantanti nazionali. Questo sforzo è poi culminato nella creazione de la Nueva Canción Chilena un vero e proprio movimento, finalizzato all’utilizzo delle parole e della musica come strumenti di lotta ed impegno sociale e politico.

Anche in tal senso l’opera artistica cilena dell’epoca di Violeta Parra è stata maestra. Per noi oggi è assai difficile immaginare la figura dell’intellettuale per antonomasia in questo modo eppure ci sono state fasi in cui davvero sentire individuale e coscienza civile nascevano dalla stessa spinta.

Gracias a la vida riesce pienamente in questo intento, e con tutta la forza della sua malinconica dolcezza, ogni volta mi arriva come un balsamo. Grazie alla vita. Ascoltarti all’infinito è umano. Tutto il resto immortale.

[… ] Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado la risa y me ha dado el llanto
Así yo distingo dicha de quebranto
Los dos materiales que forman mi canto
Y el canto de ustedes, que es el mismo canto
Y el canto de todos, que es mi propio canto
Y el canto de ustedes, que es mi propio canto.

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