Manifesti stellari

Questa carenza di estate certa, per via del suo umore anche oggi altalenante e capriccioso mi fa crescere come mai la voglia di sentire sulla pelle e sotto, sole e calore, positività e insieme vederli fluire ovunque. Che bisogno di fare una severa selezione all’ingresso per ridurre in positivo tutto il materiale e le storie che sento e leggo; una spremuta di bei racconti e momenti. Ci meritiamo un concentrato di messaggi stupendi nel sovraffollamento di spunti che arrivano in questi ultimi giorni, come del resto sempre, dalla rete, nostro bacino eletto.

Partendo dal primo, per ordine di importanza, il ritorno a casa di Samantha Cristoforetti, l’eroina nostrana che incarna la storia di un sogno scappato di mano, realizzato non si sa come, inseguito fin da quando la voglia di stare un domani da adulta fra le stelle, nella sua fantasia di bambina, non rappresentava la solita utopistica previsione. Il suo è un sogno come in Italia non ce ne sono mai stati o forse non sono mai stati raccontati, come riporta la giornalista che scrive di lei, della sua mission e della fine di questa.

L’aspetto di maggior valore è che il suo viaggio nell’insieme non rappresenta una favola ma una vicenda in cui c’è tanta materia dura, tenace, c’è fatica, c’è studio, c’è lavoro. Né i cinque minuti di gloria facile, né i colpi di fortuna finti a cui la pubblicità ci ha abituati, e specialmente abituate, negli ultimi decenni, cito riportando altre parole dell’articolo.

Una strada di gavette e fatica, tantissimo studio e pratica insomma. Il vero percorso disseminato di ostacoli e dubbi che è quello dei più valorosi eroi quotidiani.

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Il lieto fine della storia di Astrosamantha è il messaggio che la sua esperienza lascia, nell’immaginario, nelle volontà di chi l’ha seguita un po’ con il fiato sospeso, un po’ con alterna attenzione. E’ adesso che torna a camminare sulla terra, sul suolo anche lei, che la sua missione acquisisce un peso enorme. Andata e ritorno, soprattutto ritorno, dove quel sogno diventa oggi veramente riconoscibile, reale, declinabile in un quotidiano che ci ha abituati a credere più nel facile trionfo che nella realizzazione fatta di merito e competenze.

Lei è L’italiana che cambierà i sogni delle bambine come recita il titolo dell’articolo sulla rubrica la ventisettesima ora su corrieredellasera.it che le è dedicato: speriamo, suona radicale, importante, speranzoso, ambizioso eppure anche doveroso, il riflesso di un ottimo lavoro che a tutti i costi non dev’essere perduto. Che è iniziato anche per lei dalla voglia di volare, e decisamente meno figurata qui che in altri casi, cementandosi con l’umiltà e la pazienza di non farlo bruciare, soprattutto di non tradirlo durante un viaggio che altrove si sarebbe forse presentato meno impegnativo e magari più luccicante fin dall’inizio. Missione compiuta.

A volte poi basta estremamente poco per iniziare un buon lavoro, tipo gli strumenti che si hanno sotto mano. Basterebbe qua e là un docente illuminato di semplicissime verità come non se ne vedono, tranne ne “L’attimo fuggente” a cui appunto lui, il professore marchigiano dell’ormai celeberrima lista di compiti delle vacanze, dichiara di ispirarsi.

Lo cito anch’io, non si sa mai, prima che qualcuno riveli trattarsi di bufala, troppo bella per essere vera, o che qualcun’altro, ostinato rappresentante del sindacato dell’anti-gioia, arrivi a sostenere che, in fondo, è assai peccaminoso un gesto del genere. Con il mondo praticamente in casa grazie alla rete, ed alla facilità con cui chiunque può dire qualunque cosa, ci stiamo abituando a sentirne davvero di tutti i gusti e soprattutto ad assuefarci anche alle affermazioni più assurde e disumanizzanti.

Invece qui siamo in presenza di una storia semplice, tenera, un liceo di scienze umane dove viene esibita grande umanità, come parrebbe ovvio ma non lo è: sembra quasi un racconto di fantasia, una sfida d’altri tempi.

Diamo a Cesare quel che è di Cesare, a lui che con quel nome e i suoi 33 anni, una parola ed un agire rivoluzionari, assomiglia un po’ troppo ad un eroe biblico. Speriamo solo che a cotanto gesto non segua da parte dei suoi fortunati alunni la crocifissione degli intenti e della messa in pratica, sull’altare di una noiosa estate di bellezze commerciali.

Inquadrato e ben sfoggiato nel living di casa mia ho appeso da circa un anno e mezzo the Holstee Manifesto, che oggi mi è venuto da leggere con occhi nuovi, un po’ come una specie di trasposizione in chiave internazionale della lista del professore. Magari come secondo viatico per le vite di quegli alunni, il giorno che saranno ormai diplomati ed incamminati in un sentiero lastricato di domande e già piccoli grandi dolori.

Anche questo manufatto gode di una storia assai poetica: quella di tre ragazzi che nel 2009 seduti sugli scalini di Union Square a New York decisero di scrivere le linee guida della felicità e della realizzazione personale secondo loro, siglandole in un manifesto appunto, che di lì a brevissimo si sarebbe rispecchiato nelle vite di milioni di persone. In seguito ad una condivisione on line di oltre 500.000 volte, i tre hanno deciso di creare dapprima un video, poi di tradurlo in 13 lingue differenti, per poi farne un vero e proprio brand di oggettistica disparata, da magliette a pannelli, da cartoline a borse, anche utilizzando materiale di riciclo.

Il lieto fine di questo bel sogno sta però più di tutto nella scelta di investire parte dei proventi dell’enorme fatturato dell’impresa da qui nata, per aiutare altri imprenditori in condizioni di grande difficoltà, a rimettersi in carreggiata. Ecco il ritorno a casa, dalle stelle, al suolo, dalle parole poetiche e sorprendenti alla messa in pratica, la vita vera, fatta di polvere e sogni infranti, di cui resta la matrice, per cui vale battersi ancora.

E poi, oltre alla sua storia che mi piace raccontare, il messaggio è meraviglioso nella sua semplicità, potente e già tanto basta. Un monito virale, appeso al muro o rintanato nel cassetto di persone che vivono ai quattro lati del mondo. Perciò ho deciso di fare di lui la mia poesia oggi, inserendola qui, casomai a qualcuno che non lo conosceva interessasse fare lo stesso per la propria dimora: posso garantire che averla davanti agli occhi tutti i giorni e vederla come prima cosa ogni volta al mio rientro a casa, ha per me un potere enorme, quasi magico. Come un benevolo coinquilino che con fare amorevole mi ricorda le promesse a suo tempo fatte alla mia vita.

Un manifesto anche in questo caso stellare per risonanza e forza, quanto mai terreno.

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