Danza che ti passa

Capita che a volte sia un piacere ritornare alle proprie origini. Come mi è successo la settimana scorsa andando a Fossano, in provincia di Cuneo, dove sono nata e cresciuta. Qui, come in alcune altre città della zona, per dieci giorni consecutivi ha avuto luogo Mirabilia, il festival internazionale del teatro urbano e degli artisti di strada. Un vanto assoluto, una kermesse di alto livello ed esclusività nel settore.

Con un pò di amici abbiamo assicurato il rituale di non farci mancare una serata di spettacoli, scegliendone alcuni ad istinto e gusto, dispiaciuti di non poterlo fare con tutti quanti, sicuramente meritevoli della giusta attenzione.

Ricordo di aver vissuto le origini di questo festival durante gli ultimi anni che abitavo a Fossano, quando sparuti gruppetti di artisti, in due o tre location e per poche serate, iniziarono ad esibirsi sorretti da un’organizzazione ed un pubblico molto diversi da quelli attuali, delineando i contorni di una scommessa che forse quasi nessuno avrebbe immaginato vinta in questo modo.

Oggi giunta alla sua IX edizione, la città che è la capitale di Mirabilia gode di un’impressionante metamorfosi: orde di spettatori tra indigeni e turisti soprattutto di sera e nei weekend, piazze affollate di ordinate code e gruppi, colori, attrezzature, coreografie, installazioni e palcoscenici insospettabili, suoni e musiche variegate che si mescolano nell’aria.

A questo si aggiunge un parlottare di lingue sconosciute, che esulano dall’italiano e dal piemontese, in certi angoli della strada o negli spiazzi di sosta dei perfomer. Non sono mancati i laboratori, le tavole rotonde e le degustazioni, come a fare da cornice un clima decisamente estivo e una generale atmosfera festante.

Ma l’aspetto veramente meritevole è che questo festival ha radunato centoquaranta artisti da molte parti del mondo, al contempo dando spazio di espressione a forme di arte di strada le più complesse ed elaborate insieme ai grandi classici della tradizione circense e performativa in generale.

Mirabilia si offre come una vetrina esclusiva nel regalare innanzitutto giornate ricche di appuntamenti e di autentica bellezza, in una sorta di sospensione dalla solita routine grazie a quella comunanza tra artista e pubblico, tra gli ambiti e gli angoli dei primi e gli sguardi dei secondi, tra il sudore e la fatica degli uni e l’emozione ed i sospiri degli altri, che la vera arte sa creare.201_1

Personalmente sono rimasta colpita da una performance in particolare, una che segretamente mi ha rapito il cuore, a cui da venerdì scorso in avanti ho ripensato parecchie volte.

Issati in verticale sulla facciata di un bello stabile di una delle viuzze del centro, si sono esibiti in serata Les amants du ciel, due acrobati del Cirque Suspendu, lei italiana, lui francese, in una danza inaspettata.

I due, come nella migliore storia del teatro di strada, iniziano sul terreno, normalmente, dialogando e battibeccando in un gioco di scherzosi alterchi amorosi, semplici gesti, opportuni scambi di battute e ricerca di coinvolgimento del pubblico. Ma la prova d’amore è al varco e richiederà molto di più: una sorta di gran finale, come i due invocano più volte fin dall’inizio.

Questo consiste in un’esibizione di incredibile leggiadria e dolcezza: imbragati di tutto punto e assicurati ad una corda che sbuca dal piano più alto dell’edificio, da dove anche si calerà eroicamente lui, i due virtuosi, costruiscono una vera e propria danza verticale, fatta di acrobazie continue.

Agili e precisi come i migliori ballerini che ci si immagina in circolazione, i due artisti sospesi nel corpo, lasciano che lo sia il fiato di ciascuno dei presenti, tra sussulti e brevi esplosioni di emozione, insieme ad un inconfessabile timore di vederli schiantati da un momento all’altro contro un antipatico balcone troppo incombente nello spazio di azione.

Gli amanti del cielo però non tradiscono: dopo aver scoccato un ultimo magistrale colpo, ridiscendono sulla terra, sani, salvi e ormai avvolti da una sottile aura di sacralità. Li osservo e mi sembra quasi che vederli camminare normalmente sul suolo sia un peccato, uno spreco: come la coppia riesce ad essere ironica persino in versione aerea, così diventa improvvisamente meno credibile ritta in quella terrena.

In un arco di tempo non molto lungo i due fanno ridere e sorridere, divertono, preoccupano, emozionano, come sono certa garantirebbero anche qualche lacrima se non fosse per l’impegno di osservazione che la performance richiede.

Probabilmente l’aspetto che più contribuisce a rendere quei minuti di azione finale un po’ magici è l’effetto che lo spettacolo crea visto dal basso, assolutamente speciale.

Le parabole immaginarie descritte nell’aria ad ogni piroetta raccontano di un amore romantico ma sicuramente anche un tantino grottesco, su tutto spicca ancora una volta il sapore di una poesia scritta con il corpo e la mente, con fatica, lavoro, sfida con se stessi e con le leggi di gravità, per arrivare ad un complessivo equilibrio finale di sentimento ed azione.

La danza dei due innamorati arriva al cuore poichè, oltre all’indiscussa bravura dei protagonisti, ricorda così, semplicemente, senza artifici, quella di tutti noi umani alla prova del vivere destreggiandoci in spazi angusti esteriori ed interiori, rischiando più spesso la goffaggine che la felicità.

Curiosando nei giorni a seguire ho trovato prima notizie dei due artisti e poi una bella citazione relativa alla danza. Les amants du ciel, che fanno parte della compagnia volante Mattatoio Sospeso, si dilettano ad arrampicarsi anche su facciate di torri, chiese o tutto quanto si presti ad accogliere la loro aerea meraviglia e prevedono un piccolo calendario di esibizioni in alcune città europee. Attenzione dunque, vi capitasse di finire in quella giusta, a camminare con il naso all’insù perchè potreste ritrovarvi ad osservare una danza mai vista prima.

In fondo ho inserito il video di uno degli spettacoli del loro repertorio, la citazione dal canto suo semplicemente cade con leggiadria sulla chiusura di questo post: è di Pina Bausch che oltre a ciò esortava a danzare e danzare per non restare perduti. Inchino.

Certe cose si possono dire con le parole, altre con i movimenti. Ci sono anche dei momenti in cui si rimane senza parole, completamente perduti e disorientati, non si sa più che cosa fare. A questo punto comincia la danza.
(Pina Bausch)

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