Collisioni fa rima con…

Il caldo di queste settimane mi prosciuga la creatività, svuota la mia testa e le immagini arrivano raramente a farsi parola restando sospese in se stesse, rimanendo voglia e mancanza di qualcos’altro, che quasi sempre si identifica con un viaggio e il bisogno di luoghi ameni e lontani. Sarò in buona compagnia, vero? Cerco un’illusoria sosta in qualunque ombra improvvisata per strada e al parco, una leggera brezza ristoratrice tra il balcone e il resto della dimora, in questo periodo che, quasi punitivamente, mi tocca lavorare un po’ più da casa rispetto ai mesi scorsi.

Prima o poi la temperatura si abbasserà e la pressione si rialzerà un tantino; i versi riprenderanno il loro posto, ci conto.

Il blog da parte sua langue sul mio pc ogni volta che lo accendo, reclama l’attenzione un po’ allentata dell’ultima fase. Il termine pausa non ha granchè senso nell’etere. Ebbene, non temere, sono andata alla ricerca per te, e sono incappata in un poeta d’eccezione, un premio nobel addirittura, uno che ha conosciuto niente poco di meno che Nelson Mandela. Tiè.

Beh non ero la sola, per la precisione eravamo almeno un centinaio, nel mezzo delle migliaia che si sono affollate i giorni scorsi a Collisioni, il Festival di letteratura e musica, tenutosi a Barolo. Per ovviare tutti insieme, premurosamente, a questo caldo, stando vicini più che mai, stretti come sardine, sul selciato rovente, persi nella canicola.

Oh insomma, ne è valsa la pena. Intanto perchè Collisioni è un evento secondo me meritevole di elogio, al di là delle solite immancabili polemiche: Barolo paese è una poesia lui stesso, prima ancora di diventare in bottiglia il re dei vini, con il suo profilo dolce e caratteristico incastonato in quella terra chiamata Langhe che, checchè se ne dica, il mondo ci invidia. D’inverno giace come sopito, accoccolato sull’altipiano per donarsi in tutta la sua bellezza in queste occasioni.

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E poi la fiumana di persone mosse per quella che considero una fra le più giuste cause, l’arte e la cultura, oltretutto fuse insieme e per più giorni, in un’alchimia che includeva anche Fedez e J-ax va bene, non ho nulla contro nessuno dei due. Il loro concerto finale della sera in fondo è stata una gradevole sorpresa.

Però mi piace pensare che domenica scorsa fossimo andati lì soprattutto a sentire i poetici richiami e le parole forti ed incoraggianti, anche taglienti a tratti, di interventi di quella grande lucidità di cui c’è un immane bisogno, fatti da Umberto Galimberti, o da Daniel Pennac. O i suoi appunto, quelli di Wole Soyinka, poeta, scrittore, drammaturgo nigeriano a cui nel 1986 è stato conferito il premio nobel per la letteratura, primo africano a ricevere questo riconoscimento.

Purtroppo non lo conoscevo per nulla prima di allora e quello con lui è stato un incontro non proprio immediato, complice forse la temperatura e l’affollamento, la lunghezza del suo intervento: ha significato per me una collisione vera e propria, di immagini e parole, di spunti, di sensazioni. Tornerò a quest’uomo e alla sua opera magari con la giusta calma, per leggermelo, scrutarlo e per capirne un po’ di più nei prossimi tempi.

Sì perchè Soyinka, ho scoperto domenica e dopo, è ed è stato un protagonista di enorme rilievo dello scenario africano e non solo. Fra i più grandi scrittori di lingua inglese viventi, viene considerato come una specie di eroe per il suo coinvolgimento diretto nella lotta dei diritti umani. Coinvolgimento che pagherà con un’ incarcerazione tra il 1967 e il 1969 per essersi speso in prima persona contro il dispotico governo nigeriano e la guerra civile che scaturirà all’interno del paese.

Come i veri grandi artisti, anche lui ha unito in un’unica persona ispirazione e lotta civile, arte ed impegno, facendo anzi dell’una il lume dell’altra e viceversa. La vicinanza con Nelson Mandela è rappresentata non solo dall’amicizia e una profonda ammirazione ma anche da una comunanza senza pari di scelte e destini.

L’opposizione all’apartheid, la battaglia per l’uguaglianza fra tutti gli uomini, sono stati per entrambi un ideale fattosi carne, sangue e prigionia, una scelta pagata con la propria libertà, restituendo quell’ineluttabilità della parola come strumento principe per diffondere uno e cento messaggi. Prima che il sacrificio compiuto ricada nella fine, nella dimenticanza, nel ritorno alle gabbie di sempre.

Alla domanda rivoltagli da una ragazza su cosa abbia significato per lui conoscere Mandela, e avergli conseguentemente dedicato un poema, Soyinka risponde sornione affermando che per poter sviscerare adeguatamente il discorso servirebbe almeno una giornata intera. Sicuramente averlo avuto ha rappresentato un dono per l’umanità intera, qualcosa di cui tutti dovremmo essere grati.

Di questo intervento, oltre alla densità e lo stordimento per le tante parole cariche di significato e all’ammirazione improvvisa per questo signore di ottantun anni che legge e gesticola sul palco con lo spirito ad un tempo gioioso ed infuocato di un ventenne, mi resta anche una chicca finale di tutto rispetto.

Al termine della sua conferenza, la lettura di tre poesie di autori italiani contenute in un’antologia di componimenti misti viene fatta da Beppe Rosso, che sicuramente alcuni conosceranno: attore e regista piuttosto noto nell’ambito torinese e non solo. Io ho avuto il piacere di averlo come insegnante lo scorso anno ad un corso di teatro. Una sorta di laboratorio sperimentale, non il teatro che ti aspetti, o che almeno io mi aspettavo.

Rifletto dunque su tutto ciò nelle ore successive; su quanto ho sentito, conosciuto, assaporato, goduto e sudato in un giorno solamente e sul significato del vocabolo collisione. Sul perchè si sia scelto non un altro ma questo che ad una prima lettura mantiene un’accezione negativa: urto tra corpi in movimento.

Mi suona assai poetico e lo sento appropriato tanto per il festival quanto per il miscuglio che ho dentro. A me richiama in primis quell’idea di conflitto e di mettersi in gioco che provoca inevitabilmente qualcosa di inaspettato ed enorme.

Poi mi ricorda anche ciò che avviene tra persone assai diverse tra loro che trovano in questo la vera ricchezza, apportando nuovi significati alla relazione, diventando qualcosa di più della semplice somma dei loro esseri.

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