O bianco o nero

Questo signor Gray, oltre ad essere un giovane di indubbia bellezza, ha un fascino misterioso, che non sapresti dire da cosa gli derivi ma percepisci solo che sarebbe pericoloso per te. Eppure non puoi fare a meno di sentirti attratta, incredibilmente persa nel suo racconto esistenziale. Lui certo non sarebbe mai quello che può definirsi l’uomo ideale, la sua fragilità è enorme e tangibile, l’impossibilità di corrispondere l’epoca presente forse la sua principale (mancanza di) ragione di vita e questo si riflette inesorabilmente nei suoi rapporti, rivolti unicamente alla ricerca del piacere.

Stipulare una sorta di patto diventerà per lui il solo modo di sentirsi libero: credendo in questo modo di esserlo si costruirà via via una prigione invisibile ed inesorabile da cui non saprà uscire.

Con questo signor Gray ho fatto conoscenza all’età di diciotto anni, giuro che ad oggi è uno dei personaggi letterari che ho incontrato che più mi hanno impressionata, di nome fa Dorian e le uniche autentiche frustate a cui ho assistito sono quelle di una narrazione travolgente. Per fortuna si differenzia da quell’altro, oltre che per tutte queste caratteristiche, anche per una vocale.

La chiamerò per comodità recensione ma non ha la pretesa di esserlo: eccola qui, con un tempismo che sarebbe più adatto per il sequel e per non lasciar cadere nel vuoto le veraci impressioni sentite a caldo l’indomani dalla visione di “Cinquanta sfumature di grigio”, quando hanno iniziato a viaggiare sul web ad occhio e croce circa un milione di reali recensioni. Come se una buona parte delle persone, fanciulle soprattutto, che lo hanno visto si fosse sentita in dovere di dire la propria.

Così ho fatto io, inchiodatami a forza davanti al filmone, un po’ per scherzo, un po’ sperando per tutta la sua durata che da qualche parte un sussulto mi salvasse dalla totale delusione, più di quanto ogni previsione avesse già fatto intravedere.

Non ultimo, la mia tardiva esigenza di affermazione è anche dettata dal sottile gusto di provocazione che mi dà il ricominciare a parlare del fattaccio dopo che già tutti se ne sono ormai scordati.

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E però soprattutto facendolo in una maniera che abbia quel tanto di senso da poter stare su questa pagina, cosa che è avvenuta grazie al mister Grey di prima serata che ha saputo riportarmi, per assonanza direi e null’altro, al caro Dorian Gray, protagonista del capolavoro di Oscar Wilde.

Uno che nella mia fantasia, e se il ricordo non mi tradisce, ha saputo sul serio come unire licenziosità a psiche, un personaggio che turba e stimola autenticamente, che io credo sa ficcartisi nell’immaginario tornando a galla di tanto in tanto. Insomma, qualcuno di impossibile da dimenticare una volta che lo si ha incontrato.

Certo averlo letto nei primi diciotto anni di vita invece che nei secondi è probabile influisca non poco. Intanto per me ha avuto il pregio di essere uno dei pochissimi libri esplicitamente caldeggiatimi a scuola che ho accettato di leggere e che appunto ho finito per amare: tutti gli altri, poichè mi derivavano da quell’istituzione o li ho odiati senza mezzi termini e non vi sono più ritornata sopra, o li ho riletti facendoci pace in quella seconda occasione, in genere molti anni dopo.

Dei due, mister sfumature di grigio ha per me di inquietante solo il fatto che, nonostante tutte le premesse e qualche promessa, non riesca ad essere nè intrigante, nè affascinante, nè stimolante, nè riesca in alcun modo a farmi scivolare di almeno un passetto oltre il lecito. Un nulla su più fronti dove il fanciullone dalla dubbia espressività ha il solo effettivo pregio di rispettare anche lui il già nominato e considerato nomen omen: oggi che lo abbiamo visto credo sia chiaro per tutti il perchè della scelta di questo (cog)nome. Tutte le sfumature del grigio noia, ben cinquanta.

E dunque no, niente di ardito, psicologicamente osato, nessun coraggio in quella narrazione scialba e disonesta. Al che mi son chiesta: perchè veramente non aggiungerle queste due benedette scene di sesso, ben fatte, sapienti, ficcanti devo dirlo, anche se so potrebbe suonare ambiguo? Tanto sarebbe bastato a risollevare le sorti di un film squalificato e squalificante. Mistero.

Forse a certe regole commerciali è troppo difficile accedere o forse vale anche in questo caso il fatto che la trasposizione di un romanzo in film è difficile e inevitabilmente votata a deludere, specie se hai amato molto il libro. Caratteristica questa che fatico comunque a credere. E anche motivo per cui non vorrò mai vedere il film de Il ritratto di Dorian Gray.

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Ma lasciando sbollentare gli ardenti spiriti dei due, a noi spettatori rimangono da fare le dovute osservazioni sul perchè su tale opera aleggi una simile risonanza. Per me la responsabilità è quasi del tutto nostra più che della pellicola in se: è che noi tutti, donne e uomini ci accomodiamo in poltrona di fronte ad un evento simile con una fiducia ed una speranza oltre misura, insensate. E pressochè sicuri che in quelle due ore la nostra fantasia saprà volare dove nemmeno Ritorno al futuro potrebbe farci osare.

Prime noi donne, che cullate e fregate dai modelli Pretty woman e Dirty dancing, che sia frustate e legate al letto o no, che lui sia miliardario o poveraccio (ma miliardario sarebbe preferibile), che si sposti in elicottero o in bicicletta, che abbia la carica erotica e il fascino di un dio greco o quelle di un termosifone in disuso, poco sembra realmente importare.

A noi ci basta che lui alla fine ci prometta amore eterno e ci sposi, possibilmente dopo essersi venuto a dichiarare al culmine di una traversata in bilico su un qualche supporto disagevole e pericolosissimo o dopo aver dichiarato guerra a tre generazioni filate pur di averci.

Per voi uomini chi lo sa, forse perchè grazie ad un film del genere ci si aspetta di accedere ad una soglia superiore di eccitazione, ci si consente di dare libero sfogo ad un momento di autentica trasgressione, giustificata dalla vicenda a cui ci si augura di assistere. Una sorta di man bassa partendo dall’alto.

Questo film, vuoi per il titolo, vuoi per la suspense creatagli a contorno, ai nastri di partenza sembrerebbe assecondare simili desideri ed anche altri.

Io, a poter scegliere, preferirei sempre un bel bianco o nero a fronte di tante sfumature di grigio dove non si capisce un bel niente: nè quale volesse essere il messaggio, nè se questi due si siano innamorati o piaciuti o divertiti o rimbambiti. Se si siano lasciati un solco reale, tangibile, un po’ al di sotto delle cortecce delle rispettive pelli e un po’ oltre agli aggeggi usati per procurarsi piacere.

Per non parlare poi di come sia possibile immaginare addirittura un sequel di fronte a cotanta pochezza. E allora torniamo all’infinita speranza di cui sopra.

Perchè non rappresentare, con gli stessi addendi di sesso, bellezza, inquietudine, un amore drammaticamente più reale? Verosimile, quotidiano, di cui le vite di tutti quanti noi sono state certamente testimoni in una qualche misura? Io voto, anche al cinema o dal divano di casa, per il racconto di una relazione seriamente tormentata, che abbia messo radici in incommensurabili risvolti psicologici, in un certo abisso della nostra anima che si riverbera senza mezzi termini nello sguardo dell’altro, nostra sfigata metà, e noi la sfigata sua.

O piuttosto quando ciò non sia possibile o troppo pesante da digerire, meglio una bella, sana parodia. Qui la parodia si rischia sul serio ma senza che fosse quello l’obiettivo.

Chi ci capisce qualcosa: le cinquanta sfumature fanno ormai un giallo senza soluzione: forse varrebbe la pena lasciare la parola a chi ti racconta con la propria esistenza che il peccare richiede un’arte ben maggiore, ben più faticosa perchè umana ed inevitabile e che decidi ancora più fortemente di vivere proprio dopo che ne hai annusato il prezzo.

Uno come lui appunto, che è stato un vero piacere riscoprire, un tipo di piacere che in pochi sanno procurarti. Uno come Mister Gray, Dorian Gray.

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[…]

“La vita di un uomo è troppo breve perché uno si accolli sulle spalle il peso degli errori altrui. Ciascuno vive la propria vita e paga il suo prezzo per viverla. Era un peccato, peraltro, che per una colpa sola si dovesse pagare tante volte, anzi, pagare e ripagare continuamente. Nei suoi rapporti d’affari con l’uomo il destino non chiude mai il conto. Gli psicologi ci dicono che ci sono momenti nei quali la passione per il peccato, o per ciò che il mondo chiama peccato, domina totalmente la persona che ciascuna fibra del corpo, come ciascuna cellula del cervello, diviene istinto, con impulsi tremendi. In questi momenti, uomini e donne perdono il libero arbitrio e vanno verso la loro fine terribile come automi. A loro è tolta la facoltà di scegliere, e la conoscienza è spenta o, se pur continua a vivere, vive soltanto per dare alla ribellione il suo fascino e alla disobbedienza il suo incanto. Poiché, come i teologi non si stancano mai di ripetere, tutti i peccati sono peccati di disobbedienza. Allorché quello spirito eccelso, stella mattutina del male, precipitò dal cielo, precipitò come ribelle.”

[…]

( tratto da IL RITRATTO DI DORIAN GRAY – Oscar Wilde)

 

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